martedì 21 luglio 2009

Censura su Belfast in rivolta

Censura su Belfast in rivolta
Ugo Gaudenzi

Gli accordi di pace del 10 aprile 1998 - firmati dal Sinn Fein, da Londra e dagli unionisti filo-britannici - sono ormai, nel Nord Irlanda, un mero pezzo di carta.
Fino alle 4 della notte tra lunedì e martedì, è divampata la rivolta dei repubblicani irlandesi contro le marce dei cosiddetti “unionisti”, volte a celebrare la vittoria di Guglielmo III d’Inghilterra (d’Orange) nella battaglia del Boyne del 1690 con la definitiva occupazione britannica dell’Irlanda. I disordini si sono estesi a tutte le città e i borghi del Nord dell’isola, da Belfast a Derry, da Armah a Rasharkin.
Soltanto a tarda sera uno sparuto gruppo di miliziani pro-britannici, sì e no un centinaio di persone, blindato da un ingente dispositivo di polizia, è riuscito ad attraversare (e questa era la consueta provocazione studiata a tavolino contro i residenti cattolici) il quartiere dell’Ardoyne di Belfast. Gerry Kelly, ex Ira e ora Sinn Fein, è stato allontanato dai militanti indipendentisti Repubblicani, criticato e schernito per i compromessi anti-sociali (il disagio delle famiglie e la precarietà del lavoro che colpisce la “minoranza” irlandese) e contro l’indipendenza siglati con il governo di Londra. Da tempo il Sinn Fein è accusato di aver trasformato le strutture del suo partito in covi di spie e di collaborazionisti degli inglesi.
La protesta repubblicana è stata voluta anche per ricordare all’Europa di Bruxelles, quella delle “guerre umanitarie” e dei cosiddetti “diritti umani” che ben 30 prigionieri politici nord-irlandesi sono da tempo ristretti nelle carceri di Belfast e sottoposti a regime di semi-isolamento e a maltrattamenti.
Quello che è più grave è che nessun organo di (dis)informazione di massa della “democratica” Unione europea, giornali e radiotv italianai in primis, ha ritenuto politicamente corretto informare i propri lettori, spettatori e sudditi su quanto avviene ed è avvenuto in Irlanda.
Come si conviene in “democrazia”, la migliore repressione contro chi si batte contro l’occupazione anglosassone - o atlantica - di una qualunque delle terre europee diventate colonia, Italya compresa, è il silenzio.

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