martedì 21 luglio 2009

Terry McCafferty, prigioniero di Sua Maestà

Terry McCafferty, prigioniero di Sua Maestà
Tommaso Della Longa

Nelle sei contee occupate del Nord d’Irlanda la pace non c’è. Nonostante le bugie che lo Sinn Fein racconta a livello internazionale, la situazione è proprio completamente diversa. L’occupazione britannica non solo rimane, ma è ben visibile nella vita di tutti i giorni. Violenza, repressione, settarismo, arresti. E poi una divisione continua tra la comunità lealista che ha accesso a scuole di prima scelta, credito, lavoro, spazi di aggregazione e per il tempo libero, e quella repubblicana costretta in enclave che in molti casi diventano veri e propri ghetti chiusi da muri e recinti. Oltre a tutto questo, inoltre, continuano gli arresti per reati di opinione e di associazione con meccanismi perversi. Altro che pace in questo angolo dell’Isola verde. Noi siamo andati a vedere con i nostri occhi la situazione nel carcere di massima sicurezza di Maghaberry. Qui sono stati rinchiusi una trentina di repubblicani che solo negli ultimi due anni hanno riacquistato, dopo la “dirty protest” e decine di altre manifestazioni, lo status di prigioniero politico. Quello che per capirci che gli permette di stare tutti insieme in un braccio del penitenziario, di vestire abiti civili, di occuparsi della propria educazione. Quello per cui Bobby Sands e gli altri scioperanti della fame sono morti nel 1981. Uno status che era stato cancellato dagli accordi del Venerdì santo firmato dallo Sinn Fein di Adams e McGuinnes che oggi, non solo si è dimenticato dei suoi ex compagni di lotta, ma ha anche iniziato a chiamarli “traditori” e a prenderne le distanze. Come nel caso degli scontri del 13 luglio di quest’anno nel quartiere di Ardoyne a Belfast. O come ancora nel caso dei prigionieri politici, che lo Sinn Fein ha dimenticato, disconosciuto e ha cercato di far trattare come i criminali comuni. “Qui non ci sono prigionieri feniani”, spiega Terry McCafferty durante il nostro incontro in carcere. “Dopo aver vinto la nostra battaglia, siamo divisi in due piani, ma almeno siamo tutti insieme, come prigionieri politici repubblicani e non insieme ai criminali comuni”. “Qui non c’è droga e siamo organizzati per tenere le nostre menti e i nostri corpi sempre attivi. Ci occupiamo dell’educazione alla cultura e alla lingua dei nostri padri. E anche alla preparazione politica dei nostri militanti”, continua il prigioniero repubblicano. Parlare con Terry McCafferty è u po’ come toccare con mano la storia della resistenza irlandese. Condannato a 12 anni per attivismo repubblicano legato ad una bomba della Real Ira contro gli occupanti, era stato scarcerato dopo sei anni. Libero per tre settimane, riesce finalmente ad andare in luna di miele con la moglie e, appena tornato, a pochi giorni da Natale, viene arrestato nuovamente. Ma senza motivo. O meglio, viene riportato nel penitenziario di Maghaberry “per i suoi principi”. “Era il primo Natale dopo sei anni che avrebbe potuto passare con i suoi figli e invece lo hanno riportato in carcere senza un motivo. Sono tornata a casa da sola dall’aeroporto e tutti i nostri bambini aspettavano il papà e a quel punto gli ho dovuto spiegare che era stato riportato in prigione”, racconta la moglie Martine, mamma e donna tutta d’un pezzo che affronta la lontananza del marito e le vessazioni britanniche con orgoglio e forza. “Finiamo in carcere senza un’imputazione – spiega deciso McCafferty - Per le leggi speciali ci possono tenere qui dentro senza prove solo per 28 giorni. Ma poi per un meccanismo assurdo ci continuano a tenere in prigione per il reato di associazione all’Ira”. Ed è proprio qui il particolare più assurdo.
L’unica prova di associazione a carico di Terry, che per altro dopo 7 mesi di detenzione senza motivo ancora non è stato giudicato, è l’associazione con gli altri detenuti con cui ha diviso la cella negli ultimi anni e che è andato a trovare una volta fuori. Tutto qui. “Ma avete fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo?”, è la domanda spontanea, mentre i secondini ogni tanto ci scrutano. “Certo, ma il verdetto potrebbe arrivare anche tra 5 anni. E intanto io, insieme ad altri come me, rimango in carcere”. La storia di McCafferty è semplicemente incredibile, ad oggi un icona della causa irlandese. Mentre parliamo suona l’allarme del carcere, si chiudono i passaggi, iniziano i correre i secondini con il manganelli in mano. “Cosa succede?”. “Semplice, quello che succede molto spesso. Staranno picchiano qualcuno dei nostri, senza motivo, solo per provare a piegarci mentalmente e fisicamente. Ma non ce la faranno”, dice orgoglioso McCafferty. E le storie che racconta portano tristemente alla memoria i racconti del diario di Bobby Sands. Pestaggi durante la notte, senza motivo, magari con secondini ubriachi e che fanno vedere tatuaggi con simboli lealisti. Storie che ovviamente rimangono nel silenzio, con un governo bi-confessionale che fa finta di non vedere. I protestanti per ovvi motivi. Quelli dello Sinn Fein per evitare di infastidire Londra e continuare a servire Sua Maestà. Ma la causa repubblicana sembra solo più forte e viva di prima.

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