mercoledì 29 luglio 2009

Questione nordirlandese: dal super carcere parla un prigioniero repubblicano

Questione nordirlandese: dal super carcere parla un prigioniero repubblicano

Belfast, i turisti dell'Ira

di Tommaso Della Longa e Giampaolo Musumeci

Detenuti politici? Sembra assurdo, ma nell’Unione europea del Terzo millennio c’è ancora chi viene arrestato per reati di opinione e di sospetta affiliazione.

Accade nellIrlanda del Nord, quella della pace negata, quella di Belfast e dei suoi muri, quella dove ha sede l’Mi5, quella che assorbe gran parte delle risorse dell’intelligence britannica.
La questione nordirlandese scotta.

Siamo entrati nel carcere di massima sicurezza di Maghaberry, pochi chilometri a nord di Belfast. Abbiamo parlato con una delle “colonne” della storia della resistenza repubblicana irlandese, Terry McCafferty. Condannato a 12 anni per aver piazzato una bomba e per essere stato membro della Real Ira, l’ala radicale del movimento repubblicano, era stato scarcerato dopo sei anni.

Libero, parte per la luna di miele con la moglie e, appena tornato, a pochi giorni da Natale, viene arrestato nuovamente all’aeroporto internazionale di Belfast. Ma senza motivo.

O meglio, per lui si riaprono le porte del penitenziario di Maghaberry “a causa dei suoi principi”.

Com’è avvenuto il suo arresto?
Era il primo natale che avrei potuto passare con i miei figli e invece mi hanno riportato in carcere solo per un sospetto di affiliazione. Adesso sono passati sette mesi e ancora non ho visto neanche un giudice.

Per quale reato l’hanno arrestata?
Finiamo in carcere senza un’imputazione. Per le leggi speciali ci possono tenere qui dentro senza prove solo per 28 giorni. Ma poi per un meccanismo assurdo ci continuano a tenere in prigione per il reato di associazione all’Ira. L’unica prova a mio carico è l’associazione
con gli altri detenuti con cui ho condiviso la cella negli ultimi anni e che sono andato a trovare una volta fuori. Tutto qui. Molto
probabilmente anche voi finirete nella black list. E’ peggio di vent’anni fa: almeno all’epoca si veniva giudicati da una corte inglese, oggi neanche questo.

Avete fatto ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo?
Certo, ma il verdetto potrebbe arrivare anche tra 5 anni. E intanto io, insieme ad altri come me, rimango in carcere.

Com’è la situazione in carcere? Quanti prigionieri politici ci sono?
Qui sono stati rinchiusi una trentina di repubblicani che solo negli ultimi due anni hanno riacquistato, dopo la “dirty protest” e decine
di altre manifestazioni, lo status di prigioniero politico. Possiamo quindi stare tutti insieme in un braccio del penitenziario, vestire abiti civili, occuparci della nostra educazione. Quello per cui Bobby Sands e gli altri scioperanti della fame sono morti nel 1981. Uno status che era stato cancellato dagli accordi del Venerdì santo (leggi l’intervista a Giulio Giorello) firmato dallo Sinn Fein di Adams e McGuinnes che oggi, non solo si è dimenticato dei suoi ex compagni di lotta, ma ha anche iniziato a chiamarli “traditori” e a prenderne le distanze. Addirittura i prigionieri politici sono stati disconosciuti dallo Sinn Fein che ha cercato di farli trattare come criminali comuni”.

Come siete divisi all’interno del carcere?
Dopo aver vinto la nostra battaglia, siamo divisi in due piani, ma almeno siamo tutti insieme, come prigionieri politici repubblicani e non insieme ai criminali comuni. Qui non c’è droga e siamo organizzati per tenere le nostre menti e i nostri corpi sempre attivi. Ci occupiamo dell’educazione alla cultura e alla lingua dei nostri padri.
E anche alla preparazione politica dei nostri militanti.

L’associazione dei prigionieri irlandesi (Irpwa – Irish repubblican prisoner of war association) ha denunciato ripetute violenze nel carcere ai vostri danni. Che cosa ci può raccontare?
Almeno una volta a settimana i secondini ci aggrediscono e ci picchiano con calci, pugni e manganelli. Lo fanno senza motivo, agli
orari più strani solo perché cercano di piegarci mentalmente e fisicamente. Ma non ce la faranno.
Di solito si accaniscono su di noi quando c’è qualche anniversario particolare o quando accade qualcosa fuori dal carcere. Le storie sono sempre le stesse. Pestaggi durante la notte, messi in pratica da secondini ubriachi e che fanno vedere tatuaggi con simboli lealisti. Storie che ovviamente rimangono nel silenzio.


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